PSICOANALISI

 

"La Psicoanalisi è la teoria dell'inconscio su cui si fonda una prassi psicoterapeutica che ha preso l'avvio dal lavoro di Sigmund Freud" (Zamperini, Testoni, 2001, p. 1114).
Partendo da questa prima definizione è possibile delinerare già alcuni punti importanti. Innanzitutto la psicoanalisi è una "teoria dell'inconscio". Nell'indagine dell'attività mentale umana (psico-, da psiche, anima, più comunemente "mente", e -analisi: analisi della mente) essa si rivolge soprattutto a quei fenomeni psichici che risiedono al di fuori della coscienza. Viene perciò utilizzato il concetto di inconscio che è però ben lungi dall'essere stato scoperto, teorizzato o addirittura "inventato" da Freud. Per una completa rassegna delle origini dell'inconscio si rimanda agli opportuni approfondimenti di storia della psicoanalisi, ed in particolare agli importanti studi di Ellenberger(La Scoperta dell'Inconscio, 1970). Qui possiamo limitarci a dire che tale concetto prende forma a partire dal razionalismo cartesiano e che Freud lo rivide da un punto di vista descrittivo e topico. In secondo luogo la psicoanalisi è una prassi terapeutica. Essa quindi nasce come tecnica di cura. In particolare come cura dei disturbi mentali e, all'origine, come cura dell'isteria e successivamente dei fenomeni psicopatologici chiamati nevrosi.

La psicoanalisi, dunque, nasce per curare determinati disturbi mentali indagando le dinamiche inconsce dell'individuo. Alla base di tali disturbi, secondo tale teoria, è riscontrabile un conflitto tra istanze contrarie. Freud formulò tre ipotesi, una successiva all'altra, riguardo la natura di questo conflitto: 1) tra principio di piacere e principio di realtà (cioè tra la necessità di soddisfare il "piacere" interno e il necessario confronto con il mondo reale); 2) tra pulsioni sessuali e pulsioni di autoconservazione (o dell'Io); 3) tra pulsioni di vita e pulsioni di morte. Come prassi terapeutica la teoria classica (cioè quella formulata da Sigmund Freud) pone tra gli obiettivi principali la risoluzione del conflitto, possibile attraverso l'indagine dell'inconscio del paziente. Principali metodi per affrontare tale indagine sono l'analisi delle associazioni libere, degli atti mancati e dei sogni. Attraverso essa è possibile accedere ai contenuti rimossi dalla coscienza che generano il conflitto. Successivamente furono elaborati altri concetti chiave come quello di transfert, controtransfert, resistenza (e in generale meccanismo di difesa), tutti fondamentali per un corretto processo terapeutico.

La psicoanalisi si è posta anche l'obiettivo di teorizzare lo sviluppo normale dell'individuo. Nasce così la denominazione di metapsicologia, le cui formulazioni descrivono l'apparato psichico da 3 punti di vista: "topico come un'entità spaziale in cui collocare i fenomeni psichici, dinamico in cui sono descritte le forze che si oppongono o meno al passaggio da un sistema all'altro, economico dove si considera la quantità di energia impiegata nei processi psichici" (Galimberti, 2001, p. 801).
La pratica psicoanalitica avviata da Sigmund Freud ha sviluppato varie concettualizzazioni, raramente sottoposte a verifica sperimentale, il che ha dato luogo a vivaci dibattiti, che perdurano tuttora, sulla scientificità della psicoanalisi.

Con l'avanzare delle conoscenze nel campo e in campi limitrofi (psicologia, neuroscienze, psichiatria, infant research, teoria dell'attaccamento...) la teoria classica è andata incontro a rimaneggiamenti e ampliamenti. Da essa si sono staccate diverse costole che hanno dato vita a nuove scuole di pensiero riconducibili al filone psicoanalitico. Tra queste ricordiamo la psicologia analitica di Carl Gustav Jung e la psicologia individuale di Alfred Adler, entrambi importanti allievi di Freud. In più è doveroso ricordare le tre grandi scuole di psicologia derivate direttamente dalla teoria classica: la psicologia dell'Io (guidata in particolar modo dalle teorie di Anna Freud, figlia di Sigmund), la psicologia delle relazioni oggettuali (con a capo le teorie di Melanie Klein) e la psicologia del Sé (concepita da Heinz Kohut), che si focalizzano maggiormente su altri aspetti della vita psichica intra- ed inter-soggettiva. La concezione originale di Freud, comunque, per quanto sottoposta anch'essa a revisioni e ampliamenti (si pensi alle teorie di Heinz Hartmann o Edith Jacobson), è tutt'ora seguita e utilizzata da numerosi psicoanalisti. Attualmente sono in corso tentativi di studio ed integrazione tra le modellizzazioni della psicoanalisi e molte nuove acquisizioni della psicologia, dell'etologia, della psicopatologia e nelle neuroscienze, in un'ottica che sta portando allo sviluppo di una miriade di modelli "integrati", ritenuti epistemologicamente più validi.

 

Etimologia

Il termine psicoanalisi fu coniato nel XX secolo unendo le parole psiche e analisi (sul modello tedesco di Psychoanalyse), psiche è un termine greco che significa "anima", divenuto nel corso dei secoli sinonimo di spirito (vitale) dell'uomo (e successivamente "mente"), e analisi che è formato dalla preposizione greca ana, che significa "in parti uguali", e lisi, che significa "sciogliere". Dunque psicoanalisi letteralmente significa "indagine delle singole parti costitutive di quel che anima l'uomo".

 

Psicoanalisi e psicanalisi

"Psicoanalisi" è considerata la dicitura corretta, volendo alcuni[citazione necessaria] riservare il termine "Psicanalisi" (senza la "o") solo alla psicoanalisi di orientamento lacaniano.

 

L'inconscio prima della psicoanalisi

Nata alla fine del XIX secolo, la psicoanalisi è debitrice di numerose teorie e pensieri scientifici e filosofici. Diversi autori (Ellenberger, 1970; Caprara, Gennaro, 1994; Galimberti, 2001; Zamperini, Testoni, 2001) tracciano una linea che parte fin dal XVII secolo. Sebbene indagini fin troppo minuziose potrebbero andare anche più indietro nel tempo, in questo periodo troviamo autori come Blaise Pascal, Baruch Spinoza e Gottfried Wilhelm Leibniz che introducono temi quali il trionfo dell'autocoscienza, l'essenza del soggetto con la razionalità, le dimensioni imponderabili e inaccessibili dell'uomo e l'esistenza di percezioni continuamente al di fuori della coscienza. Tali concetti vennero ripresi dalla psicoanalisi per dar luce alla propria elaborazione del concetto di inconscio, elemento chiave della teoria freudiana.
"L'aspetto dominante della concezione dell'inconscio prima di Freud è la ricerca di ciò che sta oltre la razionalità, ben rappresentata nell'opposizione tra illuminismo e romanticismo" (Zamperini, Testoni, 2001, p. 1115). Ecco che anche autori illuministi (Jean-Jacques Rousseau, Immanuel Kant...) e romantici (Johann Goethe, Friedrich Schiller...) diedero il loro contributo alla formulazione del concetto di inconscio. A partire dalla seconda metà dell'Ottocento la letteratura in proposito fu di vastissima portata, fino ad arrivare a Johann Friedrich Herbart, che oltre a definire una volta per tutte la necessità di uno approccio scientifico allo studio della psiche riprese il concetto leibniziano di "piccole percezioni", sostenendo che solo stimoli di una certa forza arrivano alla coscienza mentre gli altri rimangono inconsci; a Gustav Fechner, che riprese il concetto di soglia; e ad Hermann von Helmholtz, che parlò dell'importanza dell'"inferenza inconscia" nella guida dell'esperienza e delle percezioni.

 

L'ipnosi

Essendo stata ideata da Freud, nella sua versione originale la psicoanalisi fu inevitabilmente influenzata dalle sue esperienze mediche (e non). Sebbene sia più opportuno rimandare alla voce di Wikipedia su Freud per quanto riguarda un approfondimento dei suoi studi sull'ipnosi, una breve panoramica sull'argomento aiuta a capire alcuni passi da cui prese le mosse la teorizzazione psicoanalitica.
Nella seconda metà dell'Ottocento, in Europa, ci fu una rivalutazione dell'ipnosi e in particolare due scuole francesi si dedicarono all'argomento.
A Parigi Jean-Martin Charcot (presso cui Freud compì un tirocinio di alcuni mesi nel 1885), fondò la Scuola di neuropsichiatria della Salpètriere, e si dedicò dal 1878 allo studio sistematico dell'ipnosi, che applicò soprattutto alla cura dei casi di isteria. Fondamentale per la psicoanalisi fu senz'altro il concetto di "lesione funzionale", una lesione priva di un riscontro organico alla base di fenomeni come paralisi, anestesie e contratture, le cui cause, secondo l'autore, erano da ricercare in qualità affettive. Allievo di Charcot fu Pierre Janet che, benché Freud non citi il suo contributo in nessuna sua opera ed anzi entrò in polemica con la sua teorizzazione dell'isteria, definì quest'ultima "una patologia di natura psichica, diversamente da molti contemporanei che l'attribuivano a disfunzioni fisiologiche" (Galimberti, 2001, p. 571).
L'altra scuola, la scuola di Nancy, fu fondata da Hippolyte Bernheim (il cui corso Freud seguì nel 1889). Egli rivisitò l'ipnosi con il concetto di suggestione, mettendo definitivamente in crisi il concetto di nevrosi come malattia del sistema nervoso. Infatti tramite la suggestione ipnotica fu possibile creare nei soggetti sani delle condizioni simili a quelle di individui nevrotici: risulta allora chiaro come la nevrosi non potesse più essere considerata una malattia necessariamente organica.

 

Il modello affetto-trauma

Sigmund Freud, nel suo iniziale lavoro con Joseph Breuer su pazienti isteriche, adottò nel trattamento ipnotico il metodo catartico. Insieme al collega, Freud dimostrò che i sintomi dell'isteria avevano un significato psicologico: fino ad allora si supponeva fossero dati da una degenerazione del sistema nervoso. Freud e Breurer sostennero che ricordi di grande impatto emotivo venivano dimenticati perché considerati inaccettabili alla mente cosciente. Tali emozioni, però, spingevano per esprimersi e il sintomo isterico era proprio il risultato di tale espressione.
Il trauma poteva essere anche un evento recente, ma Freud sosteneva che nella maggior parte dei casi esso era collegato ad esperienze infantili o della prima adolescenza. La terapia per curare le pazienti (l'isteria al tempo era considerato un disturbo esclusivamente femminile) era basata sull'abreazione, cioè la presa di coscienza del ricordo che portava alla liberazione dell'emozione repressa (catarsi). La psicoanalisi fu sviluppata da Freud proprio per cercare di affrontare i problemi di alcune pazienti con cui falliva la tecnica catartica.

 

La psicoanalisi classica

Concetti chiave: quelli di seguito riportati non rappresentano tutti i concetti e le formulazioni psicoanalitici.

  • Il concetto di energia psichica e di libido
  • Il conflitto psichico
  • Sogni, atti mancati e le libere associazioni
  • Il modello topografico: inconscio, preconscio e coscienza
  • Il modello strutturale: Es, Io e Super-Io
  • Pulsione di vita e pulsione di morte

 

Il concetto di energia psichica e di libido

La denominazione di "energia psichica" prende in prestito il concetto di energia dalla fisica al fine di spiegare i fenomeni mentali. L'energia è un'"attitudine di un corpo o di un sistema di corpi a compiere un lavoro" (Zingarelli, 2004) e quella psichica si differenzia poco da tale concezione, sennonché potremmo dire che il corpo è in questo caso la mente e il lavoro è una qualsiasi produzione mentale: desideri, intenzioni, idee, motivazioni, interessi, rappresentazioni, aspettative... Energia e forza sono dunque, in psicologia, dei termini figurati, o metaforici (Jervis, 2001).
Freud fece riferimento al concetto di energia psichica per coniare la nuova definizione di libido (in latino "desiderio"), che corrisponde a "l'espressione dinamica nella vita psichica della pulsione sessuale" (1922, p. 448).

 

Il conflitto psichico

Succesivamente al rifiuto dell'idea che disturbi isterici nascessero dal blocco dell'energia affettiva causato da avvenimenti dolorosi, Freud elaborò il concetto di conflitto psichico. Egli ipotizzò che l'energia sessuale potesse entrare in contrapposizione con altri tipi di energia sfociando in un vero e proprio conflitto, la mancata risoluzione del quale avrebbe portato al sorgere di un sintomo psichico (come potrebbe essere una fobia) o fisico (come una paralisi isterica). Inizialmente parlò di conflitti generati dalla contrapposizione tra libido e pulsione dell'Io, mentre più avanti la contrapposizione venne posta tra pulsioni di morte e pulsioni di vita (in cui si poneva la libido).

 

Sogni, atti mancati e associazioni libere

"L'interpretazione dei sogni" (1899) è considerato il "testo d'inizio" della psicoanalisi (benché il concetto venga espresso per la prima volta nel 1896). Il sogno rimarrà per Freud la "via regia" per accedere ai contenuti inconsci, qui in grado di manifestarsi con un minor controllo da parte della coscienza (vedi di seguito in questa voce: "La tecnica psicoanalitica").
Freud pensava al sogno come ad un custode del sonno che preservava il desiderio di dormire, e anche come "una forma particolare del nostro pensiero resa possibile dalle condizioni dello stato di sonno" (1899, p. 463), il cui scopo è l'appagamento di un desiderio inconscio.
Ma il sogno non è l'unico modo indicato dalla teoria classica per accedere ai contenuti inconsci. "Psicopatologia della vita quotidiana" (1901) introdusse il concetto di "atto mancato", manifestazioni dell'inconscio come lapsus, dimenticanze, sbadataggini, errori di lettura/scrittura, smarrimento di oggetti. L'atto mancato rivela un conflitto inconscio tra un'intenzione cosciente, che viene perturbata, e un'intenzione perturbante, che agisce sotto il livello della coscienza.
Infine, tra le tecniche di accesso ai contenui inconsci troviamo quella delle associazioni libere (1896), che fa parte delle regole fondamentali del trattamento psicoanalitico (teorizzata prima degli scritti sui sogni e sugli atti mancati, dopo i lavori con Breurer). "Si chiede al paziente di rinunciare volontariamente, per quanto gli riesce, alla censura cosciente e di esprimere liberamente i suoi pensieri, sentimenti, speranze, sensazioni, idee, senza badare se gli sembrano sgradevoli, insensati, non pertinenti o non rilevanti" (Galimberti, 2001, p. 105). L'ipotesi alla base di questo processo è che il paziente, trovandosi in uno stato di relativà comodità fisica (da qui l'introduzione del lettino in analisi) e lasciando vagare la mente, riduce la pressione delle difese che non permettono ai contenuti inconsci di venire alla luce.

 

Il modello topografico: inconscio, preconscio e coscienza

La teoria dei sogni portò Freud a distinguere tre stati o sistemi della mente. Lo stato più profondo, l'inconscio, era considerato sede di desideri e impulsi di natura sessuale e, a volte, distruttiva. Secondo questa iniziale teorizzazione l'inconscio "spinge" per la realizzazione di tali desideri/impulsi (direttamente inaccessibili alla coscienza), secondo quello che è detto "principio di piacere" (un principio di azione e ideazione basato sul soddisfacimento, anche tramite forme indirette, del desiderio sessuale). Inoltre, la logica che determina l'inconscio è detta "processo primario", cioè un pensiero "impulsivo, disorganizzato, incomprensibile al pensiero razionale, dominato da immagini visive bizzarre e noncurante del tempo, dell'ordine o della coerenza logica" (Fonagy, Target, 2005, p. 43).
Il preconscio era lo stato di mezzo, costitutito da censore dei desideri e impulsi dell'inconscio, a cui permette un accesso distorto alla coscienza. I contenuti preconsci sarebbero quindi non-immediatamente accessibili alla coscienza, ma neanche del tutto inaccessibili come quelli inconsci.
L'ultimo stato della mente, il più elevato, è la coscienza (o sistema conscio), i cui contenuti sono immediatamente accessibili. Essa si basa sul "principio di realtà" (le cui azioni e ideazioni sono date confronto con la realtà esterna e con i suoi principi e valori) e segue le logiche del "processo secondario", che tramite processi logici e razionali permette un corretto adattamento alla realtà esterna.

 

Il modello strutturale: Es, Io e Super-Io

Con "L'Io e l'Es" (1923) Freud presentò la terza fase della sua formulazione teorica, proponendo il cosidetto modello strutturale della mente. Quest'ultima venne divisa in tre parti con funzionalità diverse: l'Es, l'Io e il Super-Io.
L'Es è una struttura totalmente inconscia, sede delle pulsioni sessuali e aggressive, e grossomodo prende il posto dell'inconscio nel modello topografico. Il suo scopo principale è quello di soddisfare i bisogni sessuali e aggressivi innati, cioè le pulsioni.
Il Super-Io, infine, è una struttura quasi del tutto inconscia, rappresentante psichica delle figure genitoriali. Tale rappresentazione non corrisponde al genitore reale, ma ad una sua immagine interiorizzata più severa ed autoritaria. Il Super-Io avrà quindi il compito di impedire che l'Es soddisfi liberamente le proprie pulsioni, utilizzando allo scopo il senso di colpa, un meccanismo generante angoscia.
L'Io, in larga parte inconscio, è ciò che più si avvicina alla concezione di Sé. E' la struttura organizzatrice della personalità e il suo compito principale è quello di fare da mediatore tra le richieste dell'Es e le esigenze della realtà. Inizialmente dovrà quindi trovare un compromesso tra la necessità di scarica delle pulsioni e le restrizioni della realtà e della società; successivamente, con lo sviluppo del Super-Io, la mediazione avverrà tra le pulsioni e le ingiuzioni di quest'ultimo. Per assolvere a questi compiti l'Io ha a disposizione dei meccanismi di difesa e la capacità di gestire la realtà attraverso funzioni quali percezione, attenzione, memoria, problem solving e, naturalmente, la coscienza. Le basi dell'Io vengono a crearsi tramite processi di identificazione con gli oggetti del desiderio dell'Es: quando tale desiderio viene frustrato, l'assimilazione dell'oggetto (per mezzo dell'identificazione) andrà a costituire la base l'Io.
Con il modello strutturale la psicopatologia è concepita come il risultato di impulsi inaccettabili che minacciano di sopraffare l'Io e le difese contro di essi messe in atto dall'Io stesso.
Freud chiarì che si trattava di meri concetti metaforici e sebbene alcuni autori tentarono di trovare un corrispettivo anatomico, non ebbero mai successo; tuttavia Fonagy e Target (2005) parlano di studi psicometrici che indicano che "la differenziazione fra le strutture mentali tracciata intuitivamente da Freud può essere dimostrata empiricamente".

La psicoanalisi quindi nacque alla fine del XIX secolo, nell'ambito della neuropatologia. A quel tempo infatti disturbi psichiatrici come la paralisi motoria isterica o la fobia venivano trattate spesso da dei neurologi, ma con mezzi psichiatrici come l'ipnosi. Inizialmente Freud, docente di neuropatologia, sottopose a terapia una paziente attraverso una tecnica che aveva messo a punto dopo i suoi studi a Parigi, nel 1885 presso la scuola di neurologia di Charcot alla Salpetriere e nel 1889 presso la scuola di neurologia di Hippolyte Bernheim a Nancy: l'ipnosi. La possibilità di utilizzare questa forma di diagnosi e terapia era data dall'idea iniziale di Freud che le nevrosi riscontrate nelle persone adulte fossero prodotte a partire da uno e uno solo, trauma infantile di natura sessuale subito dall'individuo. Tale trauma era stato rimosso, e dunque dimenticato a livello cosciente, dall'individuo stesso a protezione del suo equilibrio mentale ma a costo di una grave sintomatologia fisica. Si immaginava, dunque, che la semplice abreazione, cioè la presa di coscienza del ricordo, potesse essere terapeutica. A poco a poco Freud stesso si rese conto che la tecnica ipnotica aveva dei limiti: dopo un certo periodo di tempo più o meno lungo, infatti, il paziente così trattato tornava ad essere nuovamente sintomatico, potendo ripresentare sia lo stesso sintomo iniziale che un nuovo sintomo. A questo punto, Freud perfezionò il suo lavoro cominciando ad operare secondo una modalità molto più somigliante a ciò che verrà poi chiamato psicoanalisi: abbandonò l'ipnosi e introdusse la tecnica delle libere associazioni. Freud, a quel tempo, tentava di comprendere il funzionamento della mente e di spiegarlo attraverso leggi fisiche.
La teoria psicoanalitica si basa su due ipotesi fondamentali:

  • il principio del determinismo psichico o di causalità
  • l'esistenza dell'inconscio

Il principio del determinismo psichico dice che come nella natura che ci circonda anche nella mente nulla avvenga per caso, ogni evento psichico è determinato dagli eventi che lo hanno preceduto.
Sarebbe distruttivo se alla nostra coscienza esistesse tutto il cumulo di memoria di eventi concatenati da quando siamo nati ad oggi, ci ricordiamo quel poco che ci serve. Però se guardiamo una foto siamo in grado di ricordare una vacanza avvenuta anni prima o se sentiamo una musica ci viene in mente la discoteca dove l'abbiamo sentita, o un profumo ci può far venire in mente la campagna, una donna, l'auto. Tutto quello che abbiamo vissuto può essere rievocato. Per convenzione si chiama inconscio tutto il materiale di cui l'individuo è inconsapevole e preconscio tutto il materiale che con un piccolo sforzo si può richiamare alla memoria.
Nella teoria psicoanalitica la risposta agli stimoli può avvenire per:

  • istinto
  • pulsione

L'istinto è la necessità di reagire agli stimoli mediante un comportamento innato, stereotipato e costante. Ad ogni stimolo corrisponde una prefissata risposta motoria. La pulsione, invece è la capacità umana di reagire agli stimoli senza che sia inclusa necessariamente una risposta motoria. Lo stato di eccitazione che lo stimolo produce è attivato da un'energia psichica, chiamata convenzionalmente libido.
Seguendo questa strada, Sigmund Freud ed i suoi allievi, tra cui sua figlia Anna Freud, indagarono su fenomeni psichici apparentemente contraddittori, quali ad esempio le risposte a conflitti tra motivazioni opposte, gli auto-inganni o i falsi moralismi, interpretandoli come meccanismi di difesa. Ad esempio, l'uomo che nega a se stesso certe rappresentazioni mentali disturbanti lo farebbe per ottenere il vantaggio di non provare angoscia. Oppure, l'emergere di certi atteggiamenti moralistici può in alcuni casi essere interpretato come la conseguenza funzionale di un senso di colpa per azioni ritenute "riprovevoli", o della trasformazione di pulsioni sessuali represse o deviate dal loro oggetto naturale.
Nell’esplorare la vita psichica dei pazienti e nel condurre la terapia, talvolta molto energica e direttiva, Freud si accorse che i pazienti sviluppavano nei suoi confronti reazioni emotive, positive o negative, come amore o odio. Ne concluse, in accordo con la sua ipotesi dell’origine infantile delle nevrosi, che si trattava di un trasferimento verso la sua persona di atteggiamenti affettivi, che i soggetti stessi avevano provato nell’infanzia verso i propri genitori.
Questo trasferimento di sentimenti, convenzionalmente venne chiamato transfert. Trasfert positivo nel caso di sentimenti positivi come l'amore verso l'analista e tranfert negativo nel caso di sentimenti negativi come l'odio verso l'analista. Naturalmente anche l'analista può provare dei sentimenti verso il paziente e questo si chiama convenzionalmente controtransfert. Anche il controtransfert può essere positivo o negativo ma di solito l'analista riesce ad analizzarselo e a strumentalizzarlo a fine terapeutico.
La psicoanalisi ebbe ben presto dei seguaci, riuscendo Freud a farla accettare come tecnica terapeutica per un certo tipo di malattie psichiatriche come le nevrosi, che non avevano ancora trovato terapie efficaci. Così intorno a Freud, nella città di Vienna, si andò formando il primo gruppo di allievi; questo permise a Freud di fondare nel 1910 l'Associazione Psicoanalitica Internazionale (International Psychoanalytical Association), definendo così i criteri di formazione dei futuri analisti basati sull'analisi personale, le supervisioni, i corsi clinico-teorici. In quel periodo si vennero formando le prime società psicoanalitiche nazionali che aderiranno in seguito all'Institut Psychoanalitical Association.
L'insegnamento della psicoanalisi iniziò attraverso regole che Freud codificò ben presto; sono regole che comportano un particolare percorso di addestramento del candidato psicoanalista; questi doveva sottoporsi allo stesso trattamento analitico, per acquisire lo strumento con il quale poi lavorerà con i suoi futuri pazienti. Tale relazione rendeva possibile una formazione esperienziale diretta, fondamentale per poter in primo luogo risolvere le possibili problematiche personali del futuro analista, ed in secondo luogo per permettergli di esperire direttamente i vissuti ed i processi propri della dinamica analitica. Questa fu chiamata analisi didattica e differiva dall'analisi personale solo per il fatto che le sedute didattiche venivano omologate in uno speciale registro. Inizialmente l'analisi didattica durava un mese.
La psicoanalisi, applicata ad ambiti diversi da quello clinico originario, divenne una filosofia della vita, cioè una concezione generale della natura umana e dei suoi rapporti con il mondo (Weltanschauung), in cui l’uomo viene visto come agito da forze inconsce e pulsionali (come gli istinti) su cui sostanzialmente ha uno scarso controllo consapevole, finché non fa la terapia. In un'epoca in cui iniziava ad esserci una grande fiducia nella scienza, il clima era favorevole ad accettare tale visione della natura umana.
I principali nomi da ricordare fra i primi analisti con il loro contributo sono: Sandor Ferenczi (pioniere dei pionieri), Hans Sachs (l'inconscio creativo), Otto Rank (il mito della nascita dell'eroe), Karl Abraham (il primo psicoanalista germanico), Max Eitingon (l'organizzazione dell'analisi didattica), Ernest Jones (la biografia di Freud). In seguito Paul Federn (la teoria della psicosi), Ella Sharp (la ricerca sull'empatia), Helen Deutch (la maturazione della donna), George Groddeck (l'analista indomito), Melanie Klein (la psicoanalisi dei bambini), Wilhelm Reich (l'analisi del carattere), Otto Fenichel (l'enciclopedia della psicoanalisi) e Anna Freud (l'Io e i meccanismi di difesa), Heinz Hartmann (Psicologia dell'Io), Edward Glover (La teoria della tecnica). Un posto particolare spetta alla variante della Psicologia analitica, di Carl Gustav Jung, psichiatra svizzero, il cui interesse si incentrò sullo studio dei modelli (o schemi mentali) impersonali e collettivi, che presumeva operassero anch’essi nell'inconscio, modelli che chiamerà archetipi. Qui Jung credette di trovare la chiave per un'interpretazione collettiva di particolari fenomeni psicologici, o di fenomeni culturali, religiosi ed artistici che Jung vede come espressioni di modelli archetipici, presenti in un particolare "repertorio simbolico universale" chiamato “inconscio collettivo”.
La psicoanalisi ebbe un enorme impatto culturale ed influenzò molti scrittori, filosofi e scienziati sociali del 1900 come Italo Svevo, James Joyce, Bertrand Russell ed Herbert Marcuse; molti intellettuali si sottoposero ad analisi, come Oscar Pfister (psicoanalisi e fede), Geza Roheim (Psicoanalsi e antropologia), Felix Deutsch (Psicoanalisi e medicina interna), August Aichorn (l'amico della gioventù traviata), Marie Bonaparte (il problema della sessualità femminile), Siegfried Bernfled (i limiti dell'educazione), Karen Horney (l'enfasi della cultura), Kate Friendlander (Prevenzione della delinquenza giovanile), contribuendo a diffonderla.

 

La psicoanalisi in Italia

La psicoanalisi entrerà in Italia passando da Trieste dove Edoardo Weiss, analizzato da Paul Federn, allievo di Freud, diede impulso decisivo alla Società Psicoanalitica Italiana che era stata fondata a Teramo nel 1925 da Marco Levi Bianchini, libero docente presso l'Università di Napoli, Direttore dell'Ospedale Psichiatrico di Teramo.
Nel 1932 la S.P.I. fu trasferita a Roma e riorganizzata da Weiss che, nello stesso anno fondava la Rivista di Psicoanalisi, tuttora organo ufficiale della Società. In quel periodo spiccavano le figure di Cesare Musatti, Nicola Perrotti, Emilio Servadio e Alessandra Tomasi di Palma che contribuiranno, anche in seguito, alla divulgazione e al progresso clinico-teorico della psicoanalisi in Italia e all'estero.

 

Gli sviluppi

Nel corso del secolo, soprattutto nel secondo dopoguerra ed anche per influenza dello sviluppo delle scienze umane, come la psicologia sociale, la psicoanalisi dei successori (“neofreudiana”) si è progressivamente distaccata dagli originari approcci "pulsionalisti", ovvero legati alle dinamiche intrapsichiche delle pulsioni e della “libido”. Si sono sviluppate invece versioni "relazionali", orientate alla comprensione delle dinamiche dei cosiddetti “investimenti oggettuali” e della loro articolazione nelle relazioni interpersonali.
Il luogo ultimo di origine di tali investimenti e quindi delle motivazioni umane rimane comunque l’”inconscio”, concetto centrale per la comprensione dell'ottica psicoanalitica (o psicodinamica). I diversi orientamenti di stampo più relazionale nati dalla iniziale psicoanalisi pulsionalista, hanno in parte riformulato i pilastri teorico-tecnici della “libido”, del “determinismo psichico”, dei “processi transferali”, e soprattutto dell’”inconscio”.
Tra gli anni ottanta e gli anni novanta si sono ridotti gli studi che si proponevano di controllare gli esiti della psicoanalisi come metodo clinico. Tale tendenza si è però modificata negli ultimi anni, con la ripresa di ampi studi e meta-analisi sull'efficacia degli approcci psicodinamici (ovvero, derivati dalla psicoanalisi) nell'ambito della psicoterapia; interessanti appaiono a questo proposito gli attenti lavori di ricerca supportati, a livello internazionale, dalla SPR, Society for Psychotherapy Research.

 

La tecnica psicoanalitica

La psicoanalisi fu sviluppata da Freud per cercare di affrontare i problemi di alcuni pazienti con cui falliva la tecnica catartica (ipnosi) utilizzata prevalentemente dal suo collega Breuer.
Freud parte da un modello in cui la mente umana ha una struttura tripartita: Io, SuperIo ed Es; il primo è il substrato cosciente, media il rapporto con la realtà ed è quello di cui si ha consapevolezza; l'Es è esattamente il suo opposto (inconscio) e rappresenta il sostrato pulsionale dell'essere umano, caratterizzato da processi di funzionamento "primari" e basati sul "principio del piacere". Tuttavia nell'adulto il contenuto psichico dell'Es è celato e reso normalmente inaccessibile dal SuperIo, che rappresenta il 'censore' della mente umana. In una situazione di normalità i ricordi rimossi che stazionano nell'Es vengono ostacolati dal SuperIo e quindi non riescono a raggiungere l'Io; quando invece un qualsiasi elemento cosciente riesce a 'risvegliare' un oggetto rimosso nasce un conflitto tra il ritorno del rimosso e le resistenze del SuperIo. Alcuni esiti conflittuali strutturali sono alla base dei processi nevrotici; si parla di Psicosi laddove l'alterazione delle strutture della personalità risulti tale da compromettere del tutto il contatto con la realtà.
Il metodo psicoanalitico originario si basava sull'idea che le nevrosi scaturiscano dall'incapacità dell'Io di impadronirsi delle idee rimosse: in altre parole, per Freud l'elaborazione del motivo patologico è già di per sé cura del disagio stesso. Tuttavia gli elementi rimossi non sono noti a priori, e quindi è impossibile cercare in una direzione precisa. Per questo motivo Freud basa la tecnica terapeutica sul concetto di associazione libera, ovvero sul lasciare il paziente completamente libero di produrre associazioni semantiche, rappresentazionali e mnestiche durante le sedute.
Il soggetto viene quindi invitato a parlare liberamente di ciò che vuole, senza censurare nulla di quello che pensa ed a cambiare argomento ogniqualvolta lo desideri. La 'speranza' dell'analista è che, in seguito a processi associativi inconsci, il paziente rievochi elementi (o parti di essi) rimossi e permetta quindi all'analista di aiutarlo nella ricostruzione dei fatti, attraverso diverse procedure tra cui la "celebre" 'interpretazione'.
Particolare importanza hanno per Freud i sogni, egli infatti parte dal presupposto che durante il sonno REM la vigilanza del SuperIo sia ridotta, facilitando quindi il ritorno del rimosso all'Io sotto forma di materiale onirico, che si può ricordare al risveglio. In pratica il sogno è la strada maestra per addentrarsi nelle rappresentazioni simboliche e stratificate dell'inconscio.
Il fenomeno comunemente chiamato sogno è caratterizzato dall'avere un contenuto manifesto, ciò che effettivamente si ricorda al risveglio, e un contenuto latente, composto da elementi rimossi alterati. Il passaggio dal contenuto latente a quello manifesto è operato da meccanismi di censura che (tramite una rappresentazione metaforico-simbolica) mascherano dei contenuti altrimenti intollerabili alla coscienza. La censura che si verifica nel lavoro onirico è sostanzialmente strutturata in due processi: lo spostamento e la condensazione. Lo spostamento comporta la deviazione dell'elemento rimosso verso oggetti differenti, mentre la condensazione comporta l'unione di più elementi rimossi in un unico 'blocco audiovisivo'. Compito dell'analista è proprio quello di interpretare il sogno, al fine di ottenere il contenuto latente a partire da quello manifesto, facendo associare il paziente sulle rappresentazioni audiovisive e simboliche che l'inconscio lascia filtrare, facilitando quindi il ritorno del rimosso che si presenta sotto forma di materiale onirico.

 

Critiche alla psicoanalisi

Freud considerava la psicoanalisi una scienza: "Ho sempre considerato una grande ingiustizia il fatto che non si sia voluto trattare la psicoanalisi come qualunque altra scienza naturale" (Sigmund Freud, "La mia vita e la psicoanalisi").
Tra le prime critiche al proposito va menzionata quella di un altro famoso viennese di quei tempi, l'umorista Karl Kraus (1874-1936) che era di diverso avviso su quella che va considerata, la creatura di Freud: la psicoanalisi. La psicoanalisi, sosteneva Karl Kraus, è più una passione che una scienza. Tra i corrosivi aforismi di Kraus contro la psicoanalisi il più celebre è forse quello che la definisce "quella malattia di cui ritiene di essere la terapia".
Su questo tema del fascino della psicoanalisi "ottenebrante la ragione" ritornerà più tardi il logico e filosofo Ludwig Wittgenstein (1889-1951). La psicoanalisi è "una mitologia che ha molto potere". Più in particolare, il procedimento della libera associazione delle idee, fa presente Wittgenstein, è alquanto oscuro, "perché Freud non chiarisce mai come possiamo sapere dove fermarci, dove la soluzione sia giusta".
Dopo Wittgenstein, tra le critiche provenienti da personaggi in vista della scienza e della filosofia, la critica più nota nei confronti della psicoanalisi freudiana è sicuramente quella di Karl R. Popper. La posizione di Popper rispetto alla psicoanalisi è molto chiara: la psicoanalisi non è scientifica semplicemente per il fatto che non è falsificabile. E "quanto all'epica freudiana dell'Io, del Super-io e dell'Es non si può avanzare nessuna pretesa ad uno stato scientifico, più fondatamente di quanto lo si possa fare per l'insieme delle favole omeriche dell'Olimpo. Queste teorie descrivono alcuni fatti, ma alla maniera dei miti. Esse contengono delle suggestioni psicologiche assai interessanti, ma in forma non suscettibile di controllo". Ciò in contrasto con la maggior parte delle teorie fisiche le quali "sono del tutto [...] altamente falsificabili sin dall'inizio".
In questo dibattito interviene Adolf Grünbaum, autore del famoso libro "Philosophical Problems of Space and Time" (1963; ed. ampl. 1976), di "The Foundations of Psychoanalysis" e "Reflections on the Foundations of Psychoanalysis". Grünbaum critica il falsificazionismo di Popper e nega validità alla critica di Popper contro Freud. Se la teoria psicoanalitica non è scientifica perché non falsificabile, come sostiene Popper, tuttavia - si chiede Grünbaum - "quale dimostrazione ha mai offerto Popper per ribadire con enfasi che il corpus teorico freudiano è completamente privo di conseguenze empiricamente controllabili?". La conseguenza a cui arriva il procedimento logico di Grünbaum è che "l'incapacità di certi filosofi della scienza di individuare una qualsiasi conseguenza controllabile della teoria freudiana, dimostra che essi non ne hanno studiato a fondo, o non ne padroneggiano, il contenuto logico, non dimostra certo una carenza scientifica della psicoanalisi".
Sbaglia Popper a criticare Freud sulla base di una presunta non falsificabilità della psicoanalisi, questa è in sintesi la posizione di Grünbaum che tuttavia sostiene che in ogni caso la psicoanalisi non regge ugualmente. E non regge, tra altre ragioni, perché i dati clinici non sono attendibili: essi sono irrimediabilmente contaminati dall'analista. Ne conclude pur criticando le posizioni di Popper sulla scientificità della psicoanalisi che tuttavia attualmente la psicoanalisi non è in ottimo stato, "per lo meno per quanto riguarda i suoi fondamenti clinici".
A partire dagli anni settanta del ventesimo secolo, studiosi come Ellenberger, Cioffi, Sulloway hanno fornito nuove ricostruzioni storiografiche del lavoro scientifico di Freud, appoggiandosi su prove documentali: sono state sottolineate ad esempio discrepanze fra le descrizioni di casi clinici negli articoli pubblicati di Freud e i resoconti degli stessi casi nella sua corrispondenza privata.
Lo psicologo clinico Jacques Bénesteau (autore del libro Mensonges freudiens: Histoire d'une désinformation séculaire, vincitore nel 2003 del premio assegnato dalla Société française d'histoire de la médecine per il migliore libro dell'anno per la ricerca nella storia della medicina) ha sostenuto che Freud ha mentito su tutti i casi da lui trattati nei suoi scritti: "[...] abbiamo appreso, di pubblicazione in pubblicazione, e rivelazione dopo rivelazione, che Freud aveva manipolato i fatti, inventato dei malati, con i loro sintomi e una eziologia, fabbricato degli effetti terapeutici inesistenti e delle false prove, il tutto dissimulando le sue costruzioni sotto la protezione di una retorica straordinaria e dietro "fantasmi" supposti inconfutabili, quali il complesso d'Edipo, questa fantastica barriera disinformativa. La disinformazione e la sottrazione dei documenti dovevano fare il resto del lavoro." Studiosi come il filosofo della scienza Frank Cioffi hanno tratto dalle critiche sulla veridicità degli scritti di Freud conseguenze riguardo alla validità della teoria psicoanalitica: "Allora, perché Freud è uno pseudoscienziato? La ragione principale è la seguente: ha dichiarato di aver testato -e dunque di aver fornito delle prove suscettibili di legittimare in modo convincente- delle teorie che erano inconfutabili o, quando erano confutabili, non erano state testate."
Il sociologo russo Pitirim Aleksandrovič Sorokin, fondatore e poi direttore del dipartimento di sociologia dell'Università di Harvard dal 1930 al 1959, nel suo monumentale testo: “Il potere dell’amore” – ora tradotto anche in italiano – contestò alla radice la validità scientifica e terapeutica della psicoanalisi freudiana: "... Erronee sono le teorie freudiane sulla sessualità incestuosa del bambino che tenta di trovare soddisfazione da e tramite i genitori, con la bambina che tenta di sedurre il padre ed il bambino la madre (il complesso di Edipo). Lo stesso si può dire per le teorie sulla paura di castrazione del ragazzo per la sua libido incestuosa, sull’invidia che la femmina avrebbe per il pene del maschio, sulla libido diretta su oggetti sessuali e quella gratificata dal Sé (l’ego-libido narrante). Questa estensione illimitata del significato di libido in realtà priva questa nozione di qualsiasi significato chiaro e la trasforma in un termine che può significare tutto e niente. Ancora più fantasmagoriche sono le analisi e le classificazioni che Freud fa dei tipi umani sulla base dell’erotismo orale, anale, fallico, uretrale e genitale. Queste ed altre caratteristiche dell'inconscio freudiano ne fanno un grottesco fantasma logicamente fallace, praticamente sbagliato, esteticamente sgradevole e eticamente de-moralizzante. Il considerevole successo delle teorie freudiane è principalmente dovuto al suo essere congeniale alla dominante cultura sensista occidentale nella quale esso è nato e si è diffuso. Il freudianesimo è il frutto più tipico di questa cultura disgregante: entrambi si muovono principalmente nel mondo delle "fogne sociali", entrambi sono negativisti, entrambi trascinano nel letame sociale tutto ciò che è nobile e bello, a cominciare con Dio per finire con l'infanzia, la maternità, la paternità, l'amore e il sacrificio" (Sorokin, 2005 p. 154-155).
Il Premio Nobel per la medicina Peter Medawar ha scritto nel 1975: "Gli psicoanalisti continueranno a prendere le più spaventose cantonate finché persevereranno nella loro convinzione impudente e intellettualmente debilitante secondo cui godono di un 'accesso privilegiato alla verità'. Si sta affermando l'opinione secondo cui la teoria psicoanalitica dottrinaria è la più prodigiosa truffa intellettuale del ventesimo secolo: nonché un prodotto terminale- qualcosa di simile a un dinosauro o a uno Zeppelin nella storia delle idee, una vasta struttura dal progetto radicalmente mal concepito e senza posterità." E. Fuller Torrey, definito dal Washington Post "il più famoso psichiatra americano", scrivendo in "Witchhdoctors and Psychiatrists" (1986) ha sostenuto che le teorie psicoanalitiche non hanno un fondamento scientifico superiore a quello delle teorie dei guaritori indigeni tradizionali. Un numero crescente di scienziati considera la psicoanalisi una pseudoscienza (F. Cioffi, 1998), anche se diverse migliaia di psichiatri e psicologi, in particolare in paesi come la Francia e l'Argentina, la ritengono tutt'ora una delle teorie più clinicamente utili nell'ambito della psicoterapia. Nell'Europa del Nord e nei paesi anglosassoni, invece, secondo quanto riferisce Catherine Meyer, curatrice de "Le Livre noir de la psychanalyse", "essa non è quasi più insegnata nelle facoltà di psicologia e ha trovato rifugio nelle facoltà di lettere o di filosofia. Negli Stati Uniti, solo 5000 persone seguono una psicoanalisi ortodossa (secondo la rivista Times, 2003): in confronto a 295 milioni di Americani, questa cifra appare al giorno d'oggi del tutto marginale (ma è enormemente più alto il numero di coloro che seguono psicoterapie ad orientamento psicodinamico). [...] Il "Myers", quel manuale che serve da opera di consultazione per gli studenti di psicologia americani, consacra solo 11 pagine alle teorie freudiane, su 740 pagine complessive." Secondo Meyer, la Francia e l'Argentina rappresentano nel mondo più l'eccezione che la regola per quanto riguarda la predominanza della psicoanalisi nei campi della psicologia e della psicoterapia.
È del 2000 il discusso libro: “Il caso Marilyn M. e altri disastri della psicoanalisi” del prof. Luciano Mecacci, docente di Psicologia generale all’Università di Firenze. Si tratta di una durissima requisitoria contro la psicoanalisi, in cui si sostiene che le teorie psicoanalitiche sono troppo soggettive ed arbitrarie per essere credibili e inoltre che la formazione degli psicoanalisti (a partire da Freud e dai suoi allievi più famosi) non garantisce affatto che essi abbiano adeguatamente affrontato e risolto i propri problemi interiori. Il libro va a scavare, con un gusto un po' scandalistico, negli intrecci perversi tra la vita privata degli psicoanalisti più celebri, degli allievi analizzandi, dei pazienti e dei loro familiari (intrecci e “costellazioni” dagli esiti spesso drammatici quando non letali). Rivela tragici insuccessi (verificatisi più a causa della psicoanalisi che nonostante essa), i numerosi casi di suicidio tra psicoanalisti, loro figli e loro pazienti, le falsificazioni dei casi clinici, ecc. Le ricostruzioni del volume di Mecacci hanno ricevuto aspre critiche nei dibattiti interni alla comunità professionale degli Psicologi (anche da non psicoanalisti), per le loro tendenze "scandalistiche" su tematiche che avrebbero meritato invece un maggiore approfondimento teorico e storiografico. Rimane la gravità dei fatti documentati da Mecacci (e di altri analoghi recentemente ricostruiti da altri studiosi), sui quali, andando oltre gli aspetti scandalistici, è augurabile che la ricerca e il dibattito sappiano andare a fondo, non limitandosi alla mera riaffermazione di posizioni precostituite.

 

Il dibattito sull'efficacia terapeutica

Anche per quanto riguarda l'efficacia terapeutica della psicoanalisi il dibattito è stato molto forte, ed ha visto posizioni spesso contrapposte. Tra i critici (come già visto, spesso appartenenti a correnti teoriche "in concorrenza" con la psicoanalisi) il succitato Jacques Bénesteau ha affermato che "È ormai ammesso che nessun malato è stato guarito da Sigmund Freud, e non si possiede alcuna prova che uno solo sia stato realmente migliorato dal suo "metodo". [...] In base alle expertise sull'efficacia terapeutica, i cui risultati sono regolarmente pubblicati, al giorno d'oggi è possibile dire che, dall'inizio del ventesimo secolo, il metodo psicoanalitico non ha avuto alcun successo terapeutico al suo attivo, neppure di miglioramento dei problemi psicologici di un solo paziente. Se la psicoanalisi avesse avuto una qualche efficacia superiore a 400 altre psicoterapie esaminate, ci si sarebbe affrettati a far valere, con i fatti, la superiorità di questi brillanti risultati, e la discussione sarebbe chiusa poiché il mondo medico avrebbe avuto l'obbligo morale di aderirvi."
Altri autori non condividono queste posizioni, che definiscono "ipercritiche"; vi è anzi, sottolineano questi ultimi, una solida e ricca produzione scientifico-clinica sugli esiti positivi degli interventi psicoterapeutici psicodinamicamente orientati, produzione che nel corso degli anni si è progressivamente irrobustita ed ulteriormente articolata: si veda ad esempio l'ampia meta-analisi sull'efficacia della psicoterapia psicodinamica breve in numerosi disturbi psicologici di F.Leichsenring, S.Rabung, E.Leibing, nei prestigiosi Archives of General Psychiatry, 61, 2004, reperibile di seguito assieme ad altri studi clinici controllati sull'argomento Archivi. In ogni caso, come fanno notare nello stesso studio Leichsenring et al., diversamente da quanto avviene per la psicoterapia psicodinamica a breve termine, "per la psicoterapia psicoanalitica a lungo termine e la psicoanalisi, c'è un urgente bisogno di ricerca convincente sui risultati."
In Francia, l'Institut national de la santé et de la recherche médicale (l'organismo pubblico francese dedicato alla salute e alla ricerca medica) ha pubblicato nel 2004 l'expertise collettiva "Psychothérapie: Trois approches évaluées", una rassegna critica di studi clinici e di meta-analisi precedenti, in cui veniva valutata l'efficacia di tre diversi approcci psicoterapeutici, fra cui quello di ispirazione psicoanalitica. Gli otto esperti che hanno realizzato tale rapporto provenivano da indirizzi diversi di psicologia clinica, sei di loro erano stati psicoanalizzati e uno era uno psicoanalista lacaniano. Lo psichiatra e psicoterapeuta Jean Cottraux, uno di questi otto autori, riassume le caratteristiche e i risultati dell'expertise nel modo seguente: "[...] il rapporto INSERM non si occupava della psicoanalisi nel senso stretto del termine, esso valutava l'efficacia delle terapie psicoanalitiche brevi, della terapia familiare [di vari indirizzi] e delle terapie cognitivo-comportamentali. Le sue conclusioni erano particolarmente misurate. Erano stati studiati sedici disturbi. Le terapie cognitivo-comportamentali hanno dimostrato un effetto positivo in quindici disturbi su sedici, le terapie familiari in cinque disturbi su sedici, le terapie d'ispirazione psicoanalitica in un solo disturbo su sedici. Si trattava di disturbi della personalità in cui anche le TCC [sigla che sta per "terapie cognitivo-comportamentali"] hanno dimostrato la loro efficacia. Erano proposte indicazioni precise per ciascun disturbo, il che permetteva alle diverse correnti di dividersi il terreno in funzione dei loro poli di eccellenza. Il rapporto consentiva così ai pazienti di compiere una scelta informata. Le terapie psicoanalitiche brevi venivano considerate una buona indicazione in almeno il 30% delle domande di psicoterapia che provenivano da pazienti affetti da un disturbo di personalità isolato o associato alla depressione, o da un disturbo ansioso." .
A proposito dell'efficacia della psicoanalisi è poi interessante il parere aneddotico di Eric Kandel, uno dei più famosi neuroscienziati riduzionisti del mondo, che ha recentemente ricordato come anni fa si sottopose ad un'analisi personale, che gli produsse notevoli effetti benefici. Tuttavia, lo storico della psicologia Allen Esterson, criticando Mark Solms, ha fatto notare come Kandel non ritenga che lo stato attuale delle conoscenze neuroscientifiche confermi la teoria psicoanalitica: secondo quanto Eric Kandel ha scritto nel 1999, "la base neurale di un insieme di processi mentali inconsci" delineata dalle scoperte attuali in neuroscienza "non mostra alcuna somiglianza con l'inconscio di Freud. [...] [Questo inconscio] non è collegato a pulsioni istintive o a conflitti sessuali, e l'informazione non entra mai nella coscienza. Questi insiemi di scoperte rappresentano la prima sfida a una scienza neurale orientata psicoanaliticamente."

 

Critiche recenti alla psicoanalisi

Recentemente, nel 2005, si è fatto un gran parlare sui media in Francia (dove la psicoanalisi dopo l'insegnamento di Lacan in particolare, rispetto ad altre nazioni regna regina incontrastata) di un libro-libello contro la psicoanalisi dal titolo significativo: Le livre noir de la psychanalyse ("Il libro nero della psicoanalisi") un ponderoso volume di 800 pagine che discute polemicamente i presunti errori della psicoanalisi.
La polemica si è infuocata su stampa, radio e televisioni e non è tardata a venire la risposta: "L'anti libro nero della psicoanalisi" che critica la corrente della TCC (terapia cognitivo-comportamentale) che ha fra i suoi antenati Pavlov e Skinner, e alla quale appartengono diversi autori del "Libro nero". Tuttavia, gli autori principali del "Livre noir", hanno negato che questo "Anti-livre noir" possa considerarsi una vera replica al loro volume: essi osservano infatti come l'"Anti-libro nero" consista nel rimaneggiamento di 47 relazioni presentate a un "Forum anti-TCC" tenutosi 5 mesi prima della pubblicazione del "Libro nero della psicoanalisi", e come solo tre di queste relazioni rielaborate, oltre alla prefazione, citino quest'ultima opera. La traduzione italiana del "Livre noir" (Il libro nero della psicoanalisi) è stata pubblicata nell'autunno del 2006 con una "Premessa all'edizione italiana" della direttrice dell'opera Catherine Meyer (nota critica della psicoanalisi)..
Una delle critiche recenti più consistenti alla psicoanalisi riguarda il rinnego, da parte di Freud, dell'origine traumatica alla base dei sintomi dell'isteria. Nel 1896 pubblicò un saggio sull'isteria in cui ribadiva che alla base dei sintomi isterici presentati da molte delle sue pazienti c'era un trauma sessuale realmente vissuto. Freud si era convinto di ciò perché molte delle pazienti gli avevano riferito di molestie o veri e propri abusi sessuali compiuti da uomini della famiglia. Poco tempo dopo, entro un anno, egli cambiò completamente teoria e iniziò a sostenere che in realtà il trauma derivasse da una fantasia di seduzione, mai avvenuta. Come mai questo cambiamento? Jeffrey Masson, uno psicoanalista che stava completando il Ph.D e che aveva ottenuto l'accesso agli archivi che contenevano tutta la corrispondenza di Freud, ebbe modo di leggere tutte le lettere inviate all'amico Fliess in cui il padre della psicoanalisi confidava i motivi per cui aveva completamente ritrattato la teoria. Le pazienti di Freud facevano quasi tutte parte di famiglie dell'alta società che gli erano ben note. Ammettere che avessero subito degli abusi in famiglia significava accusare un numero cospicuo di amici e conoscenti. Ancora peggio, Freud aveva notato che la sua teoria era stata accolta con freddezza e gli stava attirando l'ostracismo dei colleghi. Piuttosto che perdere la fama e accusare i colpevoli, scelse di ritrattare e accusare le vittime. Quando Jeffrey Masson iniziò a diffondere le sue scoperte, la Società Psicoanalitica pensò bene di radiarlo dalla professione, non perché avesse raccontato il falso o avesse sostenuto teorie senza fondamento, ma perché aveva osato far conoscere al pubblico la verità. Grazie alla teoria della fantasia sessuale, molte bambine e bambini o adulte/i vittime di abusi nell'infanzia non sono stati creduti e sono stati tacciati di essere bugiardi dai professionisti che, purtroppo ancora oggi, credono in questa teoria. Una prova abbastanza recente di come questa teoria possa portare ad azioni assurde, di colpevolizzazione dei bambini e di mancata protezione, è contenuta in un passaggio di un libro divulgativo molto famoso di Françoise Dolto, "Come allevare un bambino felice". In questo libro sono raccolte le risposte che la psicoanalista ha dato durante una trasmissione radiofonica a lettere di genitori. Quando una mamma preoccupata le chiede come aiutare la figlia di 7 anni, che le ha rivelato chiaramente una molestia sessuale, la Dolto in sintesi sostiene che si tratta di bugie per ridere, per farsi bella agli occhi del padre e che questa storia infantile di fantasessualità deve essere subito dimenticata, senza ulteriori indagini.

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N.B.: Le informazioni qui riportate hanno solo un fine illustrativo: non sono riferibili né a prescrizioni né a consigli medici.

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