La Psicoterapia della Gestalt (dove Gestalt in tedesco significa forma) è la psicoterapia parzialmente basata sulla psicologia della forma o psicologia della Gestalt, che nacque agli inizi del XX secolo in Germania. Il termine Gestalt è effettivamente tradotto in modo incompleto con forma, non consentendo di apprezzarne completamente il significato. In tedesco si parla ad esempio della "gestalt di una vallata", per sottolineare la configurazione di diversi elementi nel costituire un tutto armonico, che ha significato. La Gestalt, dunque, può essere considerata l'attitudine dello psichismo a legare tra loro dinamicamente gli elementi, costituendo un tutto significativo. La psicoterapia della Gestalt si considera a pieno titolo una forma di psicoterapia umanistico-esistenziale, in cui l'attenzione è posta sulla dinamica inarrestabile di creazione di configurazioni figura-sfondo, che rappresentano continui cicli di contatto tra l'organismo e l'ambiente che lo circonda.
Storia
Se per la psicologia della Gestalt si fa di solito riferimento a Kurt Koffka, il fondatore della psicoterapia della Gestalt viene solitamente considerato Fritz Perls. Dopo la laurea in neuropsichiatria come assistente di Kurt Goldstein, Perls si era trasferito a Francoforte, centro di fermento intellettuale nell’Europa degli anni '20 del Novecento. Qui venne in contatto con alcuni dei maggiori psicologi della Gestalt di quel tempo, filosofi esistenzialisti e psicoanalisti. Qui incontrò anche Laura Posner, sua futura moglie, che molti ritengono essere la cofondatrice della terapia della Gestalt.
In seguito alle persecuzioni naziste, emigrò in Sud Africa dove, insieme alla moglie Laura Posner, fondò l'Istituto Sudafricano di Psicoanalisi. Qui scrisse il suo primo libro che si intitolava: "Ego, hunger and aggression" ("Io, fame ed aggressività"), scritto in collaborazione con la moglie Laura. Il sottotitolo del testo era "una revisione della teoria e del metodo di S. Freud". Rimase in Sud Africa fino al 1946 circa, dopo di che si trasferì a New York.
Il termine terapia della Gestalt fu usato per la prima volta come titolo del libro "Terapia della Gestalt - Teoria e Pratica della terapia della Gestalt", scritto a tre mani da F. Perls, Paul Goodman ed E. Hefferline e pubblicato a New York nel 1951 (familiarmente chiamato: "la Bibbia"). Nel 1952 fondò il Gestalt Institute of New York, istituto nel quale si terranno una serie di laboratori di psicoterapia.
La personalità secondo Perls
Perls esplora il rapporto tra il sé ed il mondo: i confini dell’io vanno negoziati perché c’è qualcosa all’esterno di cui abbiamo bisogno. Il processo attraverso il quale faccio passare qualcosa attraverso i confini dell’io si chiama contatto. Fare contatto richiede un dispendio di energia. Perls riteneva che appena una situazione è chiusa, siamo aperti per la successiva situazione che si presenti come una figura che emerge da uno sfondo; secondo lui la nevrosi è frutto di un numero ripetuto di situazioni incompiute, di Gestalt incompiute.
Perls - che in origine ebbe una formazione freudiana - riteneva che la personalità avesse più strati.
- Strato dei cliché: è lo strato più esterno, una piccola parte del sé genuino che viene impiegata per fare domande su persone senza un interesse reale.
- Strato dell’impersonificazione dei ruoli appresi: la rappresentazione del ruolo diventa automatica e serve a mascherare il sé genuino, ad es. padre o madre, professore o studente.
- Strato dell’impasse: a questo livello si sperimenta un senso di vuoto o nullità.
- Strato implosivo-esplosivo: la persona è consapevole delle proprie emozioni che esprime verso l’esterno e verso l’interno.
- Personalità genuina spogliata di tutti i modi di esistere appresi nel mondo.
Con la consapevolezza completa si diventa coscienti dell’autoregolazione dell’organismo. Perls riteneva importante la differenza tra la realizzazione del sé e la realizzazione dell’immagine del sé, la protezione dell’immagine attraverso ruoli, implica che non si ha diritto di esistere così come si è.
Essere nel mondo
Perls divideva le persone in tre grandi categorie riguardo al loro modo di essere:
- Devisti: vivono in base a regole e regolamenti imposti. Il loro comportamento è stabilito dal confronto con regole e regolamenti imposti. Come si dovrebbe e non dovrebbe essere.
- Circaisti: tra questi si trovano gli intellettuali, quelli che preferiscono pensare piuttosto che fare, persone prese dal passato e dal futuro.
- Esistenzialisti: persone che si accettano così come sono.
Assunti di base:
- Il tutto e’ piu della somma delle parti
- Una dottrina olistica
- Il processo omeostatico e l’autoregoalzione organismica
- Il ciclo di contatto
- La relazione organismo-ambiente e il confine di contatto
- Il potere del "qui ed ora”
- Il processo psicoterapeutico: dalla ricerca dell’appoggio ambientale allo sviluppo dell’autoappoggio
- Alcune tecniche gestaltiche
1. Il tutto e’ piu della somma delle parti
Uno dei concetti base della Psicoterapia della Gestalt è sintetizzato dall’enunciato "il tutto è più della somma delle parti", esso spiega la modalità del funzionamento di base non solo del processo percettivo, ma anche dell’apparato psichico in generale.
Immaginiamo che Mario si rechi ad una festa, quando entra nella stanza piena di persone non le percepisce come macchie, colori e movimenti ma come unità significative, in cui può predominare un elemento (con funzione di “figura”), rispetto agli altri che retrocedono nello sfondo (funzione di sfondo). L’elemento figura è scelto in base all’interesse individuale, e fino a quando permane quella motivazione la scena apparirà organizzata in modo significativo in relazione ad essa.
Ogni invitato che partecipa alla festa, porta con sé un diverso interesse e la sua percezione della stanza e degli elementi così come il suo comportamento sono coerenti con tale motivazione. Ad esempio la persona alcolista desidererà bere e cercherà immediatamente qualcosa che soddisferà questo suo desiderio, la pittrice osserverà e studierà con occhio attento e critico i quadri presenti nella casa, mentre il ragazzo che sa di incontrare lì la sua ragazza, la cercherà all’interno della folla. Si evince che ciò per cui una persona nutre interesse, organizza la scena e le fornisce un significato (F. Perls, 1969).
Tale unità significativa (il tutto) è rappresentata dalla parola tedesca “Gestalt”, che sta ad indicare una struttura, una configurazione, la particolare forma organizzativa delle parti individuali che la compongono. La premessa basilare della psicologia della Gestalt è che la natura umana è organizzata in strutture o totalità, che è sperimentata dall’individuo in questi termini, e che può essere compresa solo come una funzione delle strutture o totalità da cui è costituita.
La psicoterapia della Gestalt nasce grazie alla: " ... genialità di Perls e dei suoi collaboratori - soprattutto Laura Perls e Paul Goodman - ... nell'elaborare una sintesi coerente fra più correnti filosofiche, metodologiche e terapeutiche sia europee che americane ed orientali, costruendo così una nuova Gestalt il cui tutto è diverso dalla somma delle parti. La Gestalt si colloca all'incrocio fra la psicoanalisi, le terapie psicocorporee di ispirazione reichiana, lo psicodramma, il sogno da svegli guidato, i gruppi di incontro, l'approccio fenomenologico e quello esistenziale ed, infine, le filosofie orientali.” Serge Ginger.
2. Una dottrina olistica
La Psicoterapia della Gestalt considera l’uomo come un organismo unificato capace di funzionare su più livelli qualitativamente diversi e apparentemente indipendenti, ma non per questo scissi: il livello del pensiero (mente) e il livello dell’azione (corpo).
La visione olistica si basa sul principio che il tutto è più grande o diverso della somma delle sue singole parti. L’insieme non è semplicemente il risultato di un accumulo di parti, ha piuttosto una propria unità intrinseca, una particolare struttura ed integrazione delle parti. Vedere la persona come una totalità più grande della somma delle sua parti significa vederla come composta da tutte le parti: corpo, mente, pensieri, sentimenti, immaginario, movimento. ma non come il frutto della semplice addizione di queste bensì come un nuovo insieme unitario, integrato in cui ciò che fa la differenza è il modo in cui queste parti si aggregano e danno forma all’unità persona.
La persona è costituita dal funzionamento integrato nel tempo e nello spazio dei vari aspetti del tutto. Da questo punto di vista curare esclusivamente un aspetto della persona o identificare una parte come la causa del problema significa frammentare artificialmente ciò che in realtà è qualcosa che funziona come unità.
3. Il processo omeostatico e l’autoregoalzione organismica
La Psicoterapia della Gestalt pone particolare attenzione a quello che la scienza definisce “processo omeostatico”. Tale processo governa le funzioni basilari della vita al fine di conservare l’equilibrio organismico e quindi la sua salute in condizioni variabili. Da esso discendono comportamenti coerenti e adeguati, atti a soddisfare i molteplici bisogni.
Mentre la scienza si occupa e studia i bisogni fisiologici (ad esempio la regolazione fisiologica del livello di zucchero nel sangue), la psicologia tratta dei bisogni di natura psicologica dell’individuo e dei meccanismi omeostatici o adattativi con cui vengono soddisfatti, riconoscendo, comunque, che i due processi (biologico-fisiologico e psicologico) sono sempre interconnessi.
Normalmente l’organismo fa fronte a diversi bisogni che si manifestano simultaneamente, ma dal momento che può svolgere adeguatamente solo una funzione alla volta, deve operare una scelta entro una scala gerarchica di valori, seguendo uno schema che dà priorità al bisogno in primo piano (in “figura”), quello che preme con maggiore urgenza per il proprio appagamento, lasciando retrocedere temporaneamente nello “sfondo” gli altri.
La Psicoterapia della Gestalt descrive il funzionamento organismico come l’organizzazione di questa dinamica figura/sfondo.
La formazione di figure di interesse ci spingono a cercare un loro completamento nell’ambiente attraverso il comportamento, il cui effetto porta al conseguimento dell’autoregolazione, di un nuovo equilibrio del campo organismo/ambiente.
Nell’ osservare il processo organismico di base si nota che all’emergere di un bisogno impellente, cioè di una figura di interesse che si stacca dallo sfondo (ad esempio: la sete) corrisponde l’organizzazione di un comportamento (vado verso il frigorifero) che porta al contatto con l’ambiente (bevo) al fine di completare il bisogno emergente (sono dissetato). Una volta raggiunto il completamento e ristabilito un nuovo equilibrio omeostatico si osserva il ritirarsi della figura nello sfondo, in questo modo viene dato spazio alla successiva figura di interesse emergente.
4. Il ciclo di contatto
L’aspetto più pervasivo del nostro funzionamento è costituito dalla nostra interazione con l’ambiente, dall’”entrare in contatto con” esso, così da trovare compimento ai nostri bisogni. Questo processo di interazione organismo/ambiente, sebbene fenomenologicamente appaia fluido e continuo, è caratterizzato da alcuni elementi basilari che formano una “sequenza di contatto”. Infatti si possono contraddistinguere dei “segni di punteggiatura” che costituiscono le fasi del processo, segni più facilmente individuabili in quei cicli di contatti difficoltosi, in cui viene interrotta la sequenza naturale.
Il “ciclo di contatto” o “ciclo dell’esperienza” può essere considerato una mappa generica di ogni episodio di contatto, una rappresentazione della sequenza di percezione e comportamento volta al completamento di una figura di interesse nell’interazione organismo/ambiente.
Figura a pag 127 e 128.
La sensazione è l’ingrediente base dell’esperienza, lo sfondo dal quale partiamo per organizzare il nostro funzionamento. Attraverso la combinazione delle sensazioni, l’astrazione del loro significato in termini di bisogno, e l’integrazione dell’esperienza in un’unità significativa in relazione con l’ambiente avviene la formazione della figura o Gestalt. Successivamente l’organismo può mobilizzare (mobilizzazione) il flusso di energia o di interresse in modo da prepararsi all’azione. Il comportamento o movimento che porta al contatto con i propri bisogni corporei e al loro soddisfacimento, favoriscono il completamento della figura, in seguito al quale può aver luogo il ritiro dal contatto e quindi il dissolversi di quella figura nello sfondo. Queste fasi del ciclo non sono così separate e definite come possono apparire, anzi in alcune fasi si possono incontrare elementi e aspetti di altre.
Ci sono situazioni in cui il flusso che porta dalla formazione della figura al completamento di questa nell’ambiente non può essere così scorrevole. Alcuni ambienti possono non sostenere il soddisfacimento di certi bisogni, in quanto sprovvisti delle risorse sufficienti, oppure il comportamento che corrisponde a quel bisogno può evocare una reazione ostile. Per questo motivo a volte si fa necessario rimandare l’adempimento dei bisogni e interrompere alcuni cicli di esperienza per far sì che il ritmo e la forma di contatto si adattino alla circostanze mutevoli del mondo e del nostro organismo.
Nella Psicoterapia della Gestalt la capacità di interrompere temporaneamente il processo di contatto viene considerata utile e sana, quale adattamento creativo alle vicissitudini dell’esperienza e dell’ambiente.
Tuttavia la difficoltà sorge quando il ciclo di contatto viene interrotto abitualmente, in maniera inconsapevole, così che i nostri bisogni non riescono a trovare risoluzione, e questa incompletezza si manifesta come disturbo e malattia.
5. La relazione organismo-ambiente e il confine di contatto
Secondo la concezione della Psicoterapia della Gestalt nessun individuo è separato dal “campo ambientale” in cui è inserito e di cui è parte. Infatti il “campo totale” comprende sia l’organismo che l’ambiente, esso è costituito da due elementi che apparentemente sembrano separati, ma che in realtà esistono in uno stato di reciproca interdipendenza. Il comportamento dell’essere umano è considerato come funzione del campo totale, ed è influenzato dalla natura di tale rapporto. Nello specifico la Psicoterapia della Gestalt studia “come” funziona l’essere umano nel suo ambiente e cosa accade al confine del contatto tra i due elementi, dove hanno luogo gli eventi psicologici. Le modalità di contatto o di resistenza al contatto con l’ambiente, il “come” il soggetto affronta e sperimenta questi eventi di confine, dà origine a emozioni, pensieri, azioni, e pattern comportamentali.
Tale visione tende al superamento delle scissioni derivanti dalle categorie concettuali tipicamente occidentali: individuo/ambiente, esperienza interna/esterna, sé/altro, soggetto/oggetto, e considera tali categorie come “indivisibili” in quanto parte del campo totale.
“Anche se è possibile dividere la frase “io vedo un albero”, in soggetto, verbo e complemento oggetto, nell’esperienza non si può suddividere il processo in questo modo” (Perls, 1969).
Uno dei criteri che attiva nell’individuo un comportamento di contatto o di ritiro è legato alla desiderabilità o indesiderabilità di un oggetto presente nell’ambiente, desiderabilità connessa alla soddisfazione dei propri bisogni e al ripristino dell’equilibrio omeostatico disturbato.
Il contatto e il ritiro, l’accettazione e il rifiuto, costituiscono le funzioni più importanti della personalità totale, e derivano dalla capacità di discriminazione dell’individuo. Contatto e ritiro, in una struttura ritmica, sono parti del ciclo di contatto così come il sonno e la veglia sono parti di un ciclo più complesso, essi sono i mezzi per soddisfare i nostri bisogni, per continuare i processi costanti della vita stessa.
Se il contatto è troppo prolungato può diventare inefficace o doloroso, e analogamente se il ritiro è protratto nel tempo interferirà andando a scapito dei processi vitali.
6. Il potere del "qui ed ora”
La Psicoterapia della Gestalt è una terapia del qui-e-ora, in cui è posto l’accento sul presente come segmento espressivo della totalità dell’esperienza, come il luogo in cui si incrociano le tensioni verso il futuro e gli influssi del passato.
Si tratta di una terapia sperimentale, piuttosto che verbale o interpretativa, attraverso la quale il cliente può apprendere come vivere con consapevolezza nel presente. Egli può imparare a rivolgere la sua attenzione a ciò che fa, sperimenta o sente nel presente, nel qui-e-ora, diventando gradualmente consapevole dei suoi gesti, della sua respirazione, delle sua emozioni, della sua voce, delle sue espressioni facciali, o dei suoi pensieri pressanti.
Per questo motivo il terapeuta può chiedere al paziente di parlare dei propri traumi e problemi non nell’area del tempo passato, ma nell’area del presente, in sostanza viene proposto di ri-sperimentare le situazioni insolute nel presente, nel “qui-e-ora”.
Le interpretazioni, le razionalizzazioni, il parlare attorno alle cose o qualsiasi tipo di spiegazione simbolica o intellettuale non influenzano i sentimenti e le emozioni del paziente.
Infatti per chiudere definitivamente il libro sui problemi passati non basta ricordarli semplicemente, ma ci si deve ritornare “psicodrammaticamente”, e questo è possibile farlo solo nel presente.
Solo nel presente i sistemi sensorio e motorio dell’individuo possono funzionare, ed è solo nel presente che la consapevolezza e l’esperienza possono avere luogo.
Durante la seduta terapeutica le diverse dimensioni temporali sono, quindi trattate come fossero “qui e ora”, anche quando il paziente sta ricordando qualcosa del passato, l’oggetto del lavoro terapeutico è nel presente delle sue emozioni e delle sue propriocezioni (il senso cinestesico muscolare si può sperimentare nel qui-e-ora).
La Psicoterapia della Gestalt riconosce l’azione del ricordare e del programmare come funzioni del presente, anche se si riferiscono al passato e al futuro. Tuttavia bisogna distinguere un interesse per il passato e per il futuro, che è fondamentale per il funzionamento psicologico, da un comportamento “come se si fosse realmente nel passato o nel futuro”, ciò inquina le possibilità vive dell’esistenza.
7. Il processo psicoterapeutico: dalla ricerca dell’appoggio ambientale allo sviluppo dell’autoappoggio
L’approccio della Gestalt ritiene inefficace una psicoterapia orientata prevalentemente verso il passato e considera i “perché” della nevrosi dei pazienti poco esplicativi.
Immaginiamo un uomo che abbia sviluppato una nevrosi in seguito all’adattamento ad eventi dolorosi della sua vita: sua madre muore nel partorirlo, viene allevato da una severa zia “zitella”, che non gli permette di fare nulla di ciò che vuole, e ciò lo costringe a rimuovere molti dei suoi desideri (F. Perls, 1969).
In che modo una spiegazione che trasformi la zia nel “cattivo” della storia risolverà i suoi problemi? Al contrario non farà altro che autorizzarlo a “proiettare” tutte le sue difficoltà sulla zia, gli darà un “capro espiatorio”, ma non una risposta, nè una possibilità per cambiare.
La Psicoterapia della Gestalt si basa su una diversa rappresentazione: se la zia non ha permesso al nostro uomo di fare le cose che voleva, la sua infanzia sarà stata una serie di “interruzioni” costanti, sia dall’esterno, (da parte della zia), che dall’interno, (cioè da se stesso).
Solo se il nostro paziente impara il “come” delle proprie interruzioni (passate e presenti), vale a dire solo se sperimenta realmente se stesso mentre si interrompe, comprenderà come “ri-produce” nel presente le proprie difficoltà. Quindi concentrandosi sull’interruzione, sul “come” e non sul “perché”, egli acquisisce la consapevolezza di interrompersi nel “qui e ora”, prende contatto con ciò che interrompe, e con gli effetti di tali interruzioni.
Il terapeuta rende possibile l’assimilazione del blocco (o dell’interruzione) e del materiale bloccato (o interrotto) mediante l’iniziale auto-identificazione con esso ( “in che modo ora mi impedisco ...?” “che cosa mi impedisco ora?”) e la successiva differenziazione da esso. Attraverso l’uso creativo delle energie investite nei blocchi e nelle interruzioni del ciclo del contatto, il cliente viene stimolato a convertire le aree bloccate (o le rimozioni), in espressioni del sé reale.
La psicoterapia ha come obiettivo quello di fornire il mezzo con cui risolvere sia i problemi attuali che quelli che potrebbero insorgere nel futuro, e tale strumento è costituito dall’”auto-appoggio”. Si può descrivere il percorso terapeutico stesso, come l’evoluzione dalla ricerca dell’appoggio ambientale allo sviluppo di un solido auto-appoggio.
Un paziente che si rivolge ad uno psicoterapeuta può sentire di trovarsi in una crisi esistenziale o percepire che i suoi bisogni psicologici, che gli sono vitali quanto il respiro stesso, non vengono soddisfatti dal suo modo di vita attuale (F. Perls, 1969). Egli si aspetta di trovare nel terapeuta l’appoggio ambientale che integrerà i propri mezzi di appoggio temporaneamente insufficienti, dato che la sua esperienza e la sua preparazione non gli hanno permesso di svilupparli adeguatamente.
Ma quale tipo di appoggio egli ha utilizzato fin’ora? L’individuo nevrotico è capace di manipolare l’ambiente (sociale e fisico), al fine di ottenere l’appoggio di cui necessita, ma tali manovre a lungo andare tendono a conservare e a perpetuare il suo handicap, piuttosto che a eliminarlo. Ciò che realmente gli manca è la presenza di un orientamento al suo interno, la consapevolezza e il senso del sé sono insufficienti così come è insufficiente una delle qualità essenziali che favorisce la sopravvivenza: l’auto-appoggio.
“Se egli impara a dedicare allo sviluppo dell’auto-appoggio tutta l’intelligenza e l’energia che ha investito nel costringere l’ambiente a sostenerlo, avrà sicuramente successo” (F. Perls, 1969).
Quando l’individuo sperimenta due o più situazioni incoerenti, che richiedono la sua attenzione ed azione, e che al tempo stesso sono permanenti e apparentemente insolubili, egli vive un “conflitto nevrotico”.
Se in presenza di imperativi sociali e personali simultanei, che non possono essere soddisfatti contemporaneamente dalla stessa azione, la persona adempie a ciò che le viene imposto, malgrado la resistenza nel compierlo, ne deriveranno risentimento e nevrosi.
Solitamente nell’infanzia l’individuo “ingoia” imperativi che sono contro la sua inclinazione naturale, ciò crea un’area di confusione semplice o doppia. Ad esempio l’ordine “non piangere” quando c’è un’esperienza genuina di dolore, costituisce una confusione semplice, che può essere raddoppiata quando si aggiunge la confusione semantica “comportati da uomo”, “i maschi non piangono mai”.
Tale area di confusione rende l’individuo incapace di intuire i suoi bisogni dominanti e/o di manipolare il suo ambiente in modo da conseguirli. Cronicamente impegnato nell’auto-interruzione, il suo comportamento appare disorganizzato e inefficace, risultato di tentativi errati nel raggiungere l’equilibrio.
Secondo la Psicoterapia della Gestalt quando la persona non può portare a conclusione soddisfacente una determinata situazione, allora si sente costretta a “ripeterla” e a “riportarla” nella vita quotidiana, queste ripetizioni rappresentano le sue situazioni o “Gestalt incompiute”, attraverso le quali cerca una soluzione creativa.
Una Gestalt incompiuta è come un debito ereditato dal passato che ci si ritrova nel presente. Non può aver luogo nessun sviluppo dell’individuo se prima non raggiunge la soddisfazione in tutte quelle aree in cui si sente confuso, vuoto o bloccato, per restare nella metafora, se prima non salda il suo debito continuerà a vedere le proprie energie, non solo economiche, disperdersi.
Il requisito indispensabile alla piena soddisfazione e al completamento della situazione è il senso di identificazione da parte dell’individuo con tutte le azioni a cui partecipa, comprese le sue auto-interruzioni.
Quando nella seduta terapeutica egli agisce la sua tendenza nevrotica si ha la possibilità di individuare il momento e il modo in cui interrompe il flusso dell’esperienza impedendosi di raggiungere una soluzione creativa. Il terapeuta gestaltista induce nel cliente la mentalità della responsabilità, intesa come capacità di rispondere e di scegliere le proprie reazioni, tale senso di responsabilità porta all’identificazione con ciò che si sta compiendo, e all’espressione di tale identificazione:”io ora sono consapevole di bloccare me stesso nel fare...”; “in che modo ora mi blocco?”; “che cosa sto bloccando ora?”. L’obiettivo terapeutico consiste nel trasformare l’emozione in azione, in auto-espressione e integrazione, vale a dire nello sviluppare l’auto-appoggio necessario a realizzare le proprie scelte esistenziali.
Attraverso il lavoro terapeutico egli può imparare ad ascoltare e individuare i propri bisogni, identificare se stesso con essi, intuire come soddisfarli, distinguere tra la molteplicità di questi e occuparsene uno per volta.
Nella stanza di consultazione il paziente, agendo a livello di fantasia e non nella realtà tutto ciò che deve essere completato, può diventare consapevole del significato di ciò che fa, e in questo modo può aumentare il suo orientamento e la sua capacità di manovra.
Mentre il terapeuta rafforza quelle espressioni che riflettono il vero sé dal cliente, quest’ultimo mano a mano che consolida l’esperienza del sé, diventa più autosufficiente e capace di instaurare buoni contatti con gli altri.
Il senso di auto-appoggio a cui si riferisce la Psicoterapia della Gestalt si differenzia dal concetto di indipendenza. Infatti il paziente che ha sperimentato l’auto-appoggio, alla conclusione della terapia non perderà il suo bisogno degli altri, al contrario contattando in modo consapevole i propri bisogni potrà incontrare l’altro in modo chiaro e trarre soddisfazioni reali dai contatti con le altre persone. Sperimentare ed essere se stessi consente di raggiungere una comprensione sia di sé che degli altri.
L’obiettivo del processo terapeutico è il ripristino del sé attraverso l’integrazione delle parti dissociate dalla personalità, ciò ha un importante ricaduta sulla capacità di instaurare un “buon contatto” con sé e con l’ambiente, ciò significa vedere la propria parte nel rapporto con l’intero, vedere se stessi come parte del “campo totale”.
8. Alcune tecniche gestaltiche
Saranno qui presentate solo alcune, delle numerose tecniche usate in Psicoterapia della Gestalt, le cui finalità sono quelle di produrre nel cliente una consapevolezza e un auto-appoggio maggiori, incoraggiandone l’autoespressione.
Tuttavia non sono importanti le tecniche in sé, ma l’uso che se ne fa: “Le tecniche della Gestalt, infatti, acquistano un senso solo nel loro contesto globale, vale a dire integrate in un metodo coerente e praticate in sintonia con una filosofia generale...Non ripeteremo, allora, mai a sufficienza che l’essenza della Gestalt non consiste nelle sue tecniche, ma nello spirito generale da cui essa procede e che la giustifica.” (S. Ginger)
- Consapevolezza focale - Consiste nel concentrarsi sul "qui e ora" focalizzando l'attenzione sull'esperienza presente, fatta di: sensazioni, emozioni, sentimenti, azioni che si compiono (fosse anche lo stare immobili). Entrando in contatto con queste "figure" ed esplorandole si può comprendere il loro significato e la loro funzione. Ciò che l’individuo sperimenta nel "qui e ora" può riportare ad una situazione del passato che non è stata chiusa, come avrebbe voluto, ciò rappresenta l’opportunità di elaborarla e, finalmente, chiuderla.
Il presupposto fondamentale della tecnica terapeutica può essere rappresentato dalla frase “ora io sono consapevole”.
Infatti è qui-e-ora che possiamo diventare consapevoli di tutte le nostre scelte, dalle piccole decisioni patologiche alla scelta esistenziale di dedizione a una causa o a un’occupazione.
Il terapeuta può facilitare il paziente in questa auto-scoperta svolgendo una funzione di specchio amplificatore, attraverso le domande (quali: “cosa fa?”; “cosa sente?”; “cosa vuole?”; “cosa evita?”; “cosa si apetta?”) può portarlo a divenire più consapevole e a vedere il proprio comportamento con maggiore chiarezza.
- Amplificare – Mediante questa tecnica viene data evidenza, attraverso la ripetizione e l'ampliamento ad una postura, ad un gesto, ad un tic, ad un atteggiamento al fine di rendere esplicito ciò che è fatto in modo inconsapevole. Inoltre consente alla persona di entrare in contatto con una modalità di comunicazione che il corpo mette in atto attraverso messaggi non verbali.
- Rappresentare – A differenza della tecnica dello Psicodramma di Moreno, nel quale diversi co-attori recitano col protagonista i personaggi di una scena, nella rappresentazione gestaltica tutti gli elementi della scena vengono messi in atto dalla persona stessa che racconta. Il cliente in questo modo potrà “dare voce” non solo alle persone presenti nella sua narrazione (o nel suo sogno), ma anche agli oggetti, agli animali e a tutto ciò che viene descritto come appartenente a quel vissuto, compresi i sentimenti. Nell'interpretare le varie "parti" la persona dà vita alla propria rappresentazione interna, in essa possono comparire i diversi conflitti, le diverse figure, ad esempio: “il tiranno e il suddito”, “l’aggressore e la vittima”, ecc.
Ogni forma di rappresentazione attraverso il metodo dell’auto-espressione favorisce il processo di di re-identificazione con le parti interpretate.
- Dare voce alle polarità opposte – Questa tecnica consiste nel “dare voce”, alternativamente, ai poli opposti di una situazione particolare: volere-non volere; fare-non fare; al fine di trovare un equilibrio tra due posizioni vissute come estreme, non negandole, ma ascoltandole fino in fondo.
Quando la persona porta due imperativi reciprocamente contraddittori, tali affermazioni rivelano la scissione presente nella sua personalità. Nell’interpretare le due parti o i due ruoli opposti riesce a sperimentare le emozioni fino in fondo, ciò facilita lo scioglimento delle posizioni conflittuali, fino ad arrivare all’integrazione.
- Lavoro sul sogno – Secondo la Psicoterapia della Gestalt ogni elemento del sogno rappresenta un aspetto del sé: quando si sogna è come se si scrivesse il proprio “copione”, come se si raccontasse di se stessi.
Il sogno comunica un “messaggio esistenziale”, un messaggio sul “modo” in cui esistiamo, sulla natura della nostra esistenza. Di solito esso contiene due importanti elementi.
Il primo è l’enunciazione di chi siamo. Infatti interpretando ciascuna parte o elemento del sogno si può divenire maggiormente consapevoli delle cose con le quali ci si identifica, ma anche di ciò che non si riconosce come facente parte di sé, al fine di riappropriarsene.
L’altro elemento significativo è rappresentato di solito, anche se non sempre, da una parte mancante, che corrisponde alla soluzione finale.
Quindi il lavoro sul sogno ha come fine quello di stabilire un contatto con le parti di sé che l’individuo non riconosce come proprie, e di riappropriarsi di queste parti o della parte mancante (J. S. Simkin, 1978).
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